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"Perché dovrei parlare ?" dissi. "Sono venuto qui perché é il mio turno. Solo per questo. Non ho nessuna intenzione di commuovervi. Non sono innocente. Non ho nessuna voglia di rivedere la mia famiglia. Non ho nessuna voglia di uscire di qui. Io qui vivo felice".
Ci fu un mormorio indistinto. Poi un grido isolato "Ma non contare balle!".
"Più felice di voi" dissi. "Non vi posso dire come, ma quando voglio, attraverso un passaggio segreto che nessuno conosce, dalla mia cella posso raggiungere il giardino di una bellissima villa; e non vi diro' certo qual è, ce ne sono tante qui intorno. Là mi conoscono, mi vogliono bene, e c'è anche......"
Tenni un breve silenzio di sospensione. Guardavo la folla. Erano disorientati e confusi. Come se vedessero sfuggire la preda.
"E c'è anche" dissi "una giovane donna che mi ama".
" Basta, basta!" grido' uno, esasperato. Il sapermi felice doveva causargli estrema pena.
"Lasciatemi dunque in pace," esclamai. "Vi prego, brava gente ! Abbiate pietà di me ! Non toglietemi di qui ! Fischiate, vi supplico, fischiate !"
Un fremito passo' sulla moltitudine, lo avvertii distintamente, era l'odio per me. Il dubbio solo che io avessi detto la verità, che io fossi davvero contento, li angosciava. Ma ancora esitavano.
Mi sporsi dal parapetto, feci vibrare pateticamente le voce: "Non ditemi di no, voi che avete buon cuore" esclamai. "Vi costa cosi' poco ! Su gentili signori, fischiate questo povero ergastolano felice!".
Una voce densa di cattiveria passo' sulla folla. "Ah no, eh ! Troppo comodo sarebbe !" Poi un battimano, un altro, dieci, cento. Un immenso applauso lievito', con impeto crescente.
Li avevo sistemati, i porci. Alle mie spalle si aprirono le imposte. "Va pure" mi dissero "sei libero."