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       Sempre cosi affannati, e con lunghi arti che 
      spesso agitano. E come sono poco rotondi, senza la maestosità delle forme 
      compiute e sufficienti, ma con una piccola testa mobile nella quale pare 
      si concentri tutta la loro strana vita . Arrivano scivolando sul mare, ma 
      non nuotando, quasi fossero uccelli, e danno la morte con fragilità e 
      graziosa ferocia. Stanno a lungo in silenzio, ma poi tra loro gridano con 
      furia improvvisa, con un groviglio di suoni che quasi non varia e ai quali 
      manca la perfezione dei nostri suoni essenziali: richiamo, amore, pianto 
      di lutto. E come deve essere penoso il loro amarsi: e ispido, quasi 
      brusco, immediato, senza una soffice coltre di grasso, favorito dalla loro 
      natura filiforme che non prevede l'eroica difficoltà dell'unione né i 
      magnifici e teneri sforzi per conseguirla. Non amano l'acqua, e la temono, e non si 
      capisce perché la frequentino. Anche loro vanno a branchi, ma non portano 
      femmine, e si indovina che esse sono altrove, ma sono sempre invisibili. A 
      volte cantano, ma solo per sé, e il loro canto non è un richiamo ma una 
      forma di struggente lamento. Si stancano presto, e quando cala la sera si 
      distendono sulle piccole isole che li conducono e forse si addormentano o 
      guardano la luna. Scivolano via in silenzio e si capisce che sono 
      tristi.  
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